La certificazione energetica degli edifici obbligatoria dal 1° luglio 2009

22 luglio 2009

fonte:Notariato.it

Studio n. 334-2009/C

(Approvato dalla Commissione studi civilistici il 16 giugno 2009)

Sommario: 1. Quadro normativo; 2. Statuto energetico degli immobili; 3. Obbligo di informazione e ruolo del notaio;Segue: dichiarazioni; 4. Conclusioni.

1. Quadro normativo

La disciplina energetica degli edifici è contenuta nel d.lgs. 19 agosto 2005, n. 192 (che ha attuato la direttiva 2002/91/CE). Tale normativa è stata successivamente modificata dal d.lgs. 29 dicembre 2006, n. 311 e da ultimo dal d.l. 112/2008 convertito in legge 6 agosto 2008 n. 133.

In particolare l’art. 35 comma 2 bis di questo decreto ha disposto l’abrogazione dei commi 3 e 4 dell’art. 6 e dei commi 8 e 9 dell’art. 15 del d.lgs. 192/2005 (di seguito solo “decreto”), i quali prevedevano l’obbligo di allegazione dell’AQE (1) agli atti di trasferimento a titolo oneroso (e la messa a disposizione nel caso di locazione) e le rispettive sanzioni di nullità (2).

2. Statuto energetico degli immobili

Ferma restando la possibilità di alienare un immobile ancorché non dotato dell’AQE, a partire dal 1° luglio 2009 tutti gli immobili devono essere dotati dell’attestato di certificazione energetica, così come previsto all’art. 6 del decreto. Fino alla data di entrata in vigore delle Linee guida nazionali (art. 6 comma 9) (3), l’attestato in parola (ACE) è sostituito a tutti gli effetti dall’Attestato di Qualificazione Energetica (AQE), rilasciato secondo quanto previsto dall’ALL. A n. 2 (4).

Mentre l’obbligo di dotazione riferito agli immobili di nuova costruzione o che abbiano subito interventi di ristrutturazione c.d. importante (5) (realizzati in forza di permesso di costruire ovvero DIA, rispettivamente richiesto e presentata in data successiva all’8 ottobre 2005), grava in capo al costruttore, per tutti gli altri edifici l’obbligo di dotazione è previsto in capo al venditore ovvero, alla luce di quanto infra specificato al paragrafo 3, in capo al soggetto obbligato a procurare la certificazione energetica.

Restano confermate le eccezioni di cui all’art. 3 comma 3, per il quale si intendono esclusi dalla disciplina del decreto le seguenti tipologie immobiliari:

  1. gli immobili ricadenti nell’àmbito della disciplina della parte seconda e dell’articolo 136, comma 1, lettere b) e c), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante il codice dei beni culturali e del paesaggio nei casi in cui il rispetto delle prescrizioni implicherebbe un’alterazione inaccettabile del loro carattere o aspetto con particolare riferimento ai caratteri storici o artistici ;
  2. i fabbricati industriali, artigianali e agricoli non residenziali quando gli ambienti sono riscaldati per esigenze del processo produttivo o utilizzando reflui energetici del processo produttivo non altrimenti utilizzabili;
  3. i fabbricati isolati con una superficie utile totale inferiore a 50 metri quadrati.

Sembra opportuno evidenziare che dal 1° luglio 2009 è del tutto irrilevante la distinzione sul momento dell’insorgenza dell’obbligo di dotazione della certificazione energetica, basato sul pregresso scaglionamento temporale di cui all’art. 6 commi 1 e seguenti del decreto.

Da quella data infatti si è proceduto ad un “riallineamento” della disciplina per cui non è più possibile distinguere (salvo per taluni aspetti, ai quali si accennerà più avanti) tra “vecchi” e “nuovi” immobili essendosi reso indistinguibile per tutti gli edifici (salvo le eccezioni ora indicate) l’obbligo di dotazione. Resta alle parti la possibilità di disciplinare convenzionalmente, come appresso specificato, le modalità di assolvimento dell’obbligo di dotazione del documento AQE nonché della sua consegna.

Va ricordato infine che l’unica sanzione specifica attinente al mancato assolvimento dell’obbligo di dotazione è quella di cui all’art. 15 co. 7 del decreto, per la quale il costruttore che non consegni al proprietario contestualmente all’immobile (secondo le tipologie di cui all’art. 6 co. 1) l’originale della certificazione energetica è punito con la sanzione pecuniaria amministrativa non inferiore a 5000 euro e non superiore a 30000 euro.

3. Obbligo di informazione e ruolo del notaio

Dopo l’abrogazione dell’obbligo di allegazione dell’AQE, al notaio spetta in primo luogo un ruolo essenzialmente informativo a favore delle parti, sostanziandosi in una completa illustrazione della disciplina energetica, con particolare riferimento agli aspetti della dotazione e della consegna del documento.

Nell’espletamento di detto fondamentale obbligo di informazione si renderanno edotti i contraenti, innanzitutto, che alla base dell’obbligo di dotazione vi è un interesse pubblico a conoscere il rendimento energetico degli edifici secondo le finalità indicate nell’art. 1 del decreto, “di limitazione delle emissioni di gas ad effetto serra posti dal protocollo di Kyoto”, nonché di “promozione dell’uso razionale dell’energia e delle fonti rinnovabili anche attraverso la sensibilizzazione e l’informazione degli utenti finali”. Inoltre, il notaio spiegherà che il momento nel quale diviene giuridicamente rilevante l’obbligo della dotazione coincide con quello del trasferimento della proprietà degli stessi (6), confidando l’ordinamento che in questa sede vi sia la possibilità di verificare quali e quanti immobili siano stati dotati della certificazione energetica.

Inoltre, nell’ipotesi di edifici nuovi o ristrutturati, il notaio informerà le parti – come si vedrà – che in mancanza di AQE non possono essere conseguite né una regolare ed efficace dichiarazione di fine lavori né l’agibilità.

In secondo luogo si rappresenterà ai contraenti la seguente circostanza: l’obbligo di dotazione, pur essendo previsto (con previsione di default) in capo al venditore ovvero al costruttore, può essere assunto a proprio carico dall’acquirente in forza di una specifica pattuizione, alla quale le parti, adeguatamente informate e valutati i propri interessi concreti, potranno addivenire nel rogito notarile. Sotto questo profilo il notaio chiarirà (come appresso specificato) che il decreto non prevede alcun divieto riguardo ad un’eventuale pattuizione in tal senso, né un’inammissibilità di essa può essere dedotta dalla ratio dellanormativa. Evidenziando inoltre chel’interesse e la volontà del legislatore è che l’immobile sia dotato della certificazione energetica, sia per le finalità pubblicistiche sopra ricordate sia per informare i nuovi proprietari sul rendimento energetico dell’immobile e sugli interventi da eseguire per migliorare detto rendimento energetico: la dotazione della certificazione energetica dopo la stipula dell’atto e a cura e a spese dell’acquirente non va a pregiudicare tali finalità.

Quanto al diverso obbligo di consegna, il notaio informerà le parti che nessuna prescrizione in tal senso, da adempiere in sede di trasferimento, è posto dal decreto in capo alle stesse.

Né con riferimento ai “vecchi” edifici, potendo semmai l’alienante essere obbligato alla consegna dei documenti relativi all’“uso” della cosa; peraltro detto obbligo, risultante dalla comune disciplina codicistica di cui al co. 3 dell’art. 1477 cod. civ., è ritenuto pacificamente derogabile per volontà espressa delle parti (7).

Né con riferimento ai “nuovi” edifici, per i quali l’obbligo di consegnare la certificazione, posto in capo al costruttore (la cui violazione dall’art. 15 comma 7 è sanzionata sul piano amministrativo/pecuniario), deve avvenire “contestualmente” alla consegna dell’immobile. E quindi ammettendo indirettamente che potendo la consegna dell’immobile precedere o seguire il rogito di compravendita, la consegna dell’AQE potrebbe non coincidere con il momento della stipulazione.

Dopo avere compiuto un’esauriente e adeguata attività di informazione, il notaio inviterà le parti ad una regolamentazione del rapporto, la quale non necessariamente deve risultare dall’atto notarile.

Sarà rimessa alla scelta del notaio – con valutazione caso per caso – procedere o meno alla documentazione dell’avvenuta informazione alle parti sulla dotazione energetica dell’edificio, fino a quel momento espressa verbalmente.

Segue: dichiarazioni

Fermo restando quanto sopra precisato sull’obbligo di informazione e sull’eventuale documentazione di esso in atto, in sede di contrattazione al notaio potrebbe pertanto essere dichiarato che:

1)  l’immobile è dotato della certificazione energetica. In tale ipotesi la parte alienante potrebbe:

a) consegnare l’AQE all’acquirente;

b) non consegnare l’AQE all’acquirente perché già consegnato prima dell’atto, oppure perché la parte alienante si impegnerà ad eseguire la consegna. In caso di edificio di nuova costruzione il notaio informerà della sanzione amministrativa prevista dall’art. 15 co. 7 del decreto;

2)  l’immobile non è dotato della certificazione energetica. In tale ipotesi (nella quale ricade anche quella in cui le parti dichiarano di non sapere se l’immobile sia dotato dell’AQE) le parti, compiutamente informate dal notaio, saranno da quest’ultimo sollecitate a regolamentare su chi gravi l’obbligo di dotare l’edificio dell’AQE.

Tale pattuizione non è di ostacolo alla sanzione amministrativa di cui all’art. 15 co. 7 in capo al costruttore, destinata comunque a perseguire il comportamento di quest’ultimo se si è pattuito di accollare al compratore l’obbligo di dotazione.

Più in generale non si ravvisano nel decreto divieti e sanzioni che impediscano alle parti di convenire che l’obbligo di dotazione sia accollato al compratore.

L’ammissibilità di un patto del genere può essere confermata dalle conclusioni alle quali si è pervenuti in relazione ad istituti che (almeno per certi aspetti) presentano talune affinità con la figura in esame, ad esempio, in caso di vendita di immobile privo del certificato di agibilità (8).

Non potrebbe infatti sostenersi, nell’ottica dell’inderogabilità dell’obbligo di dotazione (stabilito per legge a carico del venditore/costruttore, con previsione di default) che questa sia una norma imperativa da cui possa eventualmente discendere una sanzione di “nullità virtuale” per la clausola che quella deroga dovesse prevedere. Deve osservarsi, infatti, che anche nella disciplina della certificazione energetica, sulla scorta di altre discipline tecniche (D.M. 22 gennaio 2008, n. 37, recante il Regolamento concernente l’attuazione dell’articolo 11- quaterdecies, comma 13, lettera a) della legge n. 248 del 2 dicembre 2005, in tema di certificazione sugli impianti; art. 24 co. 3 D.P.R. 380/2001, in tema di rilascio di certificato di agibilità), il legislatore non ha previsto la sanzione civile della nullità ma solo una sanzione di tipo amministrativo.

Sulla base dei principi generali in tema di nullità si è ricordato (9) come questa sia “una sanzione di tipo virtuale applicabile tutte le volte in cui il contratto sia contrario a norme imperative, senza che occorra un’espressa comminatoria di nullità da parte della legge (art. 1418, primo comma, c.c.). Ma è anche vero che la sanzione di nullità virtuale si applica “salvo che la legge disponga diversamente”, deducendosene comunemente che, laddove la legge disponga espressamente una sanzione diversa dalla nullità, quest’ultima rimane esclusa (c.d. principio del minimo mezzo). La sanzione di nullità infatti è ispirata al massimo grado di tutela possibile della norma violata poiché, determinando l’inefficacia assoluta ab origine dell’atto, impedisce che esso possa sortire alcun effetto antigiuridico, onde la normale inutilità di ulteriori sanzioni. Ma laddove la legge ricorra a sanzioni diverse dalla nullità, quali appunto le sanzioni amministrative, si presuppone di regola che l’atto abbia prodotto effetto e che dunque esso sia valido”.

Se tale conclusione va quindi affermata per l’ipotesi del costruttore che trasferendo il nuovo edificio convenga con l’acquirente di far carico a quest’ultimo di procurare la certificazione energetica, a fortiori le stesse conclusioni non possono che valere per l’ipotesi del trasferimento dei vecchi edifici, per i quali il legislatore ha mostrato fin dall’entrata in vigore della disciplina energetica una maggiore tolleranza nell’applicazione delle nuove prescrizioni.

Rispetto all’ipotesi sub 2), può quindi distinguersi tra:

a) Trasferimento di un “vecchio” edificio: in tale caso, pur non essendo sanzionata dal decreto la mancata dotazione della certificazione energetica, il notaio avvertirà le parti del mancato rispetto dell’art. 6 comma 1 bis, invitandole a disciplinare come regolare l’obbligo, che potrebbe restare in capo al venditore come per legge (art. 6 co. 1 bis) – prevedendosi eventualmente (con valutazione da compiere caso per caso, in base alla volontà espressa dalle parti) anche le sanzioni di tipo contrattuale a carico del venditore inadempiente – ovvero, spostarsi in capo al compratore.

b) Trasferimento di edificio nuovo ovvero soggetto a ristrutturazione c.d. importante ex art. 3 co. 2 lett. a) del decreto: anche in questa ipotesi vale quanto detto sub a) compresa la possibilità di pattuire liberamente a carico di chi graverà l’obbligo della dotazione della certificazione. In tale ipotesi, inoltre, il notaio rammenterà al costruttore la sanzione a suo carico di cui all’art 15 co. 7 del decreto.

Va segnalata l’importanza di una completa informazione del notaio a favore delle parti in sede di contrattazione di nuovi edifici o integralmente ristrutturati, evidenziandosi come in determinate ipotesi possa apparire rilevante dar conto in atto di quanto pattuito dai contraenti.

Ciò per i riflessi che ha la certificazione energetica in relazione al rilascio di altri documenti inerenti l’immobile oggetto del trasferimento.

Si rammenta, in particolare, che per gli edifici realizzati o ristrutturati in forza di permesso di costruire o DIA, rispettivamente richiesto e presentata in un periodo compreso tra l’8 ottobre 2005 ed il 31 dicembre 2008, la certificazione energetica condiziona l’efficacia della dichiarazione di fine lavori (art. 8 co. 2 del decreto); inoltre, in base all’art. 2 co. 282 l. 244/2007 (legge finanziaria per l’anno 2008) la certificazione energetica è elemento che subordina il rilascio del certificato di agibilità (10).

4. Conclusioni

Dopo l’abrogazione dell’obbligo di allegazione della certificazione energetica e ferma restando la possibilità di alienare un immobile ancorché non dotato dell’AQE, dopo il 1° luglio 2009 il ruolo del notaio in occasione del trasferimento degli immobili, è in primo luogo di tipo informativo circa gli obblighi di dotazione dell’AQE degli edifici trasferiti. (11)

Svolta un’esauriente informazione sull’obbligo di dotazione e consegna della certificazione energetica, il notaio solleciterà le parti ad una regolamentazione del rapporto, senza che ciò tuttavia debba necessariamente ed obbligatoriamente avvenire nell’atto notarile.

Sarà rimessa alla scelta del notaio, quindi, procedere o meno alla documentazione dell’avvenuta informazione alle parti sulla dotazione energetica dell’edificio, fino a quel momento espressa verbalmente. Le parti, compiutamente informate del notaio e su sollecitazione di quest’ultimo, disciplineranno le modalità di dotazione dell’AQE nonché la consegna dello stesso.

Fino all’emanazione delle Linee Guida Nazionali (art. 6 comma 9) l’attestato di certificazione energetica (ACE) è sostituito a tutti gli effetti dall’Attestato di Qualificazione Energetica (AQE), rilasciato secondo quanto previsto dall’ALL. A n. 2.

Mauro Leo e Serena Metallo

____________

1) Nel presente studio, poiché si analizza la normativa nazionale e poiché si affrontano problematiche comuni all’intero territorio nazionale, si fa riferimento in modo costante, all’AQE, pur segnalandosi che in alcune regioni è già vigente e operativo l’ACE.

2) Su questo aspetto si rinvia a M. Leo e M. L. Mattia, Appunti sull’abrogazione dell’obbligo di allegazione della certificazione energetica, in Studi e materiali 1/2009, 299.

3) Non sono le Linee Guida Nazionali quelle contenute nel recente decreto presidenziale n. 59 recante Regolamento di attuazione dell’articolo 4, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, concernente attuazione della direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico in edilizia, in GU n. 132 del 10-6-2009, in vigore dal 25 giugno.

4) Attestato di qualificazione energetica è il documento predisposto ed asseverato da un professionista abilitato, non necessariamente estraneo alla proprietà, alla progettazione o alla realizzazione dell’edificio, nel quale sono riportati i fabbisogni di energia primaria di calcolo, la classe di appartenenza dell’edificio, o dell’unità immobiliare, in relazione al sistema di certificazione energetica in vigore, ed i corrispondenti valori massimi ammissibili fissati dalla normativa in vigore per il caso specifico o, ove non siano fissati tali limiti, per un identico edificio di nuova costruzione. Al di fuori di quanto previsto all’articolo 8 comma 2, l’attestato di qualificazione energetica è facoltativo ed è predisposto a cura dell’interessato al fine di semplificare il successivo rilascio della certificazione energetica. A tal fine, l’attestato comprende anche l’indicazione di possibili interventi migliorativi delle prestazioni energetiche e la classe di appartenenza dell’edificio, o dell’unità immobiliare, in relazione al sistema di certificazione energetica in vigore, nonché i possibili passaggi di classe a seguito dell’eventuale realizzazione degli interventi stessi. L’estensore provvede ad evidenziare opportunamente sul frontespizio del documento che il medesimo non costituisce attestato di certificazione energetica dell’edificio, ai sensi del presente decreto, nonché, nel sottoscriverlo, quale è od è stato il suo ruolo con riferimento all’edificio medesimo”. Si ritiene che l’attività di documentazione possa essere certamente riconosciuta in capo a quei professionisti che comunemente sono coinvolti nella progettazione e nella realizzazione degli immobili e quindi a titolo esemplificativo, gli architetti e gli ingegneri. Per i geometri, invece, si segnalano alcune pronunce del Consiglio di Stato che hanno escluso, salvo che l’edificio sia di dimensioni ridotte, la competenza dei geometri nell’attività di progettazione o realizzazione degli edifici in cemento armato (Consiglio di Stato, Sez. VI, 13 giugno 2005, n. 3085; Consiglio di Stato, Sez. V, 16 settembre 2004, n. 6004 (peraltro identica alla successiva sentenza n. 6005/04), sostanzialmente riprendendo quanto già precisato dallo stesso Collegio con la decisione 1° dicembre 2003, n. 7821, ed in contrasto, invece, con quanto statuito, sempre dalla Sez. V, con la pronuncia 4 giugno 2003, n. 3068. Per maggiori approfondimenti si rinvia al contributo di D. Chinello, Orientamenti giurisprudenziali in materia di progettazione di edifici in cemento armato e limiti di competenza dei geometri, reperibile all’indirizzo:http://www.altalex.com/index.php?idnot=1314)

5) Gli edifici che hanno subito una ristrutturazione c.d. importante sono quelli di superficie utile superiore a 1000 mq che abbiano subito gli interventi di cui dell’art. 3 co. 2 lett. a) del decreto.

6) Si ricorda comunque come l’AQE debba accompagnare la dichiarazione di fine lavori, pena l’inefficacia della stessa. Inoltre, in base all’art. 2 co. 282 l. 244/2007 (legge finanziaria per l’anno 2008), il rilascio del certificato di agibilità è subordinato alla presentazione della certificazione energetica dell’edificio.

7.) Cass. 6 dicembre 1984, n. 6403

8) Di regola è in capo al venditore l’obbligo di procurarlo a sua cura e spese; talvolta il contratto contiene una clausola nella quale detto obbligo è ribadito e specificato, talvolta il contratto tace sul punto, ma in tal caso detto obbligo sussiste egualmente (e se non è adempiuto l’acquirente ha diritto alla risoluzione del contratto e al risarcimento dei danni); tuttavia non vi sono dubbi sulla legittimità di un’eventuale clausola con la quale le parti convengano che gravi sull’acquirente l’obbligo di ottenere l’agibilità, a sua cura e spese. Sul punto si rinvia a M. Leo, Il certificato di agibilità, Studio CNN n. 4512, in Studi e materiali, 1/2004, 527.

9) F. Magliulo, La disciplina della sicurezza degli impianti nel sistema codicistico della garanzia per vizi occulti, studio CNN n. 270-2008/C, in CNN Notizie del 14/11/2008, che richiama F. Galgano , Il negozio giuridico , in Tratt. dir. priv. e comm ., diretto da A. Cicu e F. Messineo, Milano 1988, 232 e la giurisprudenza di legittimità: Cass. 5 aprile 2003 n. 5372 , in Giust. Civ ., 2003 , 1, 1759, in Vita Not ., 2003 , 1, 875, in Giur. It., 2004 , 1624, secondo cui “Nel sancire la nullità del contratto per contrasto con norme imperative, l’art. 1418 cod. civ. fa salvo il caso in cui “la legge disponga diversamente”. Ne consegue che tale nullità va esclusa sia quando risulta espressamente prevista una diversa forma di invalidità (es., annullabilità) sia quando la legge assicura l’effettività della norma imperativa con la previsione di rimedi diversi” (nello stesso senso Cass. 3 agosto 1987 n. 6691; Cass. 24 maggio 2003 n. 8236, in Dir. e Giur. Agr. e dell’ambiente , 2004, 2, 31 ).

10) Va anche ricordato che per gli edifici costruiti in base ad un provvedimento abilitativo richiesto dopo il 1 gennaio 2009, all’AQE è addirittura subordinato il rilascio del permesso di costruire. Infatti, l’art. 1 comma 288 L. 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per l’anno 2008), che rubricato Preclusione del rilascio del permesso di costruire al costruttore dal 1° gennaio 2009, stabilisce: “A decorrere dall’anno 2009, in attesa dell’emanazione dei provvedimenti attuativi di cui all’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, il rilascio del permesso di costruire è subordinato alla certificazione energetica dell’edificio, così come previsto dall’articolo 6 del citato decreto legislativo n. 192 del 2005, nonché delle caratteristiche strutturali dell’immobile finalizzate al risparmio idrico e al reimpiego delle acque meteoriche”. Per quanto quest’ultima previsione faccia riferimento al certificato energetico di cui all’art. 6 del decreto e quindi quello realizzato in base all’All. A n. 2 al termine della costruzione, è da ritenere che si tratti invece del certificato c.d. “prognostico”, redatto sulla base del semplice progetto presentato e che quindi, debba distinguersi dal certificato energetico richiesto quale condizione al rilascio del certificato di agibilità o per la dichiarazione di fine lavori.

11) Ad eccezione delle regioni che hanno legiferato in materia. Su questo aspetto si rinvia agli studi M. Leo e M. L. Mattia, Appunti, cit. e n. 710-2008/C, M. Ruotolo, I limiti dell’incidenza della normazione secondaria statale e della legislazione regionale sulla disciplina privatistica del rapporto contrattuale (A proposito della normativa regolamentare sulla garanzia di conformità degli impianti e della legislazione regionale sul certificato energetico), approvato dalla Commissione Studi Civilistici il 21 gennaio 2009, in Studi e materiali, 2/2009, 37 ss.

Le Regioni che hanno legiferato in materia energetica sono:

  1. Emilia Romagna: Delib. Ass. Legisl. 4 marzo 2008, n. 156, Approvazione atto di indirizzo e coordinamento sui requisiti di rendimento energetico e sulle procedure di certificazione energetica degli edifici (Proposta della Giunta regionale in data 16 novembre 2007, n. 1730). Pubblicata nel B.U. Emilia-Romagna 25 marzo 2008, n. 47. Inoltre, Con Delib.G.R. 28 ottobre 2008, n. 1754 sono state approvate disposizioni per la formazione del Certificatore energetico in edilizia, in attuazione della delibera n. 156.
  2. Friuli-Venezia Giulia: L.R. 23-2-2007 n. 5, Riforma dell’urbanistica e disciplina dell’attività edilizia e del paesaggio. Pubblicata nel B.U. Friuli-Venezia Giulia 28 febbraio 2007, n. 9, in parte modificata dalla L.R. 21 ottobre 2008, n. 12.
  3. Lazio: L.R. 27-5-2008 n. 6, Disposizioni regionali in materia di architettura sostenibile e di bioedilizia. Pubblicata nel B.U. Lazio 7 giugno 2008, n. 21, che prevede all’art. 9 una Certificazione di sostenibilità degli interventi di bioedilizia, che ricomprende anche i dati dell’AQE.
  4. Liguria: L.R. 29 maggio 2007, n. 22, Norme in materia di energia. Pubblicata nel B.U. Liguria 6 giugno 2007, n. 11, parte prima. In vigore dal 21 giugno 2007, parzialmente modificata da l. reg.6 giungo 2008, n. 14, cui si aggiunge anche il Reg. 8 novembre 2007, n. 6 (Pubblicato nel B.U. Liguria 28 novembre 2007, n. 19, parte prima), Regolamento di attuazione dell’articolo 29 della legge regionale 29 maggio 2007, n. 22: (Norme in materia di energia), in vigore dal 13 dicembre 2007. Sulla L.R. 22/2007 è intervenuta la L.R. 24 novembre 2008, n. 42. Il regolamento 6/2007 è stato sostituito dal Regolamento Regionale 22 gennaio 2009 n. 1 (pubblicato nel B.U. Liguria del 4 febbraio 2009 n. 2), di attuazione dell’articolo 29 della legge regionale 29 maggio 2007 n. 22.
  5. Piemonte: L.R. 28 maggio 2007, n. 13, Disposizioni in materia di rendimento energetico nell’edilizia. Pubblicata nel B.U. Piemonte 31 maggio 2007, n. 22.
  6. Puglia: L.R. 10-6-2008 n. 13, Norme per l’abitare sostenibile. Pubblicata nel B.U. Puglia 13 giugno 2008, n. 93, che all’art. 9 prevede una Certificazione di sostenibilità degli edifici. Inoltre, va tenuto in considerazione anche Reg. 27 settembre 2007, n. 24 (Pubblicato nel B.U. Puglia 28 settembre 2007, n. 138), Regolamento per l’attuazione del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, modificato dal decreto legislativo 29 dicembre 2006, n. 311, in materia di esercizio, controllo e manutenzione, ispezione degli impianti termici e di climatizzazione del territorio regionale.
  7. Valle d’Aosta: Legge regionale 18 aprile 2008, n. 21, Disposizioni in materia di rendimento energetico nell’edilizia. (B.U. 8 luglio 2008, n. 28).
  8. Lombardia: Delibera Giunta regionale del 22 dicembre 2008 n. 8745 in tema di efficienza energetica nell’edilizia, approvata dalla Giunta Regionale Lombarda nell’ultima seduta prima della pausa natalizia: in tale delibera vengono aggiornate le “Disposizioni inerenti all’efficienza energetica in edilizia” approvate con la D.G.R. n. 5018/2007, modificata ed integrata dalla D.G.R. n. 5773/2007.

Ipoteche, ecco i tipi esistenti: volontarie, giudiziarie, legali.

24 Maggio 2009

Ipoteche, ecco i tipi esistenti: volontarie, giudiziarie, legali. 

Esistono diversi tipi d’ipoteche: si tratta delle ipoteche volontarie, giudiziarie, legali.

La più diffusa è certamente l’ipoteca volontaria: si tratta infatti di un’iscrizione volontaria dell’ipoteca come garanzia di un debito da parte del proprietario stesso.

L’ipoteca volontaria si sottoscrive volontariamente per ottenere la concessione del prestito.

Nel caso in cui il bene dovesse essere cointestato, ognuno dei proprietari potrà decidere sull’iscrizione della sua parte di bene.

Generalmente le banche non tendono ad acquisire come garanzia ipotecaria delle quote indivise poiché in caso di vendita forzata sarebbe sempre difficile trovare dei compratori interessati alle quote comuni.

 
Passiamo all’ipoteca giudiziaria: si tratta in tal caso di un tipo d’ipoteca che viene decretata da un giudice conseguentemente alla richiesta di un creditore non rimborsato anche di un debito di basso importo, come anche una fattura impagata o un decreto ingiuntivo.
L’ipoteca legale, la tipologia meno diffusa per la verità, che si va ad iscrivere quando il venditore non è riuscito a ricevere l’intera somma corrispondente al bene venduto.
L’ipoteca legale può anche verificarsi nel caso in cui i coeredi, successivamente all’atto di divisione, lascino dei pagamenti di conguaglio ancora in sospeso.
In tal caso l’ipoteca legale viene iscritta direttamente dal Conservatore di Registri immobiliari, a meno che il beneficiario della tutela del’ipoteca non dichiari la sua reale volontà di rinunciarvi.

Generalmente le banche non tendono ad acquisire come garanzia ipotecaria delle quote indivise poiché in caso di vendita forzata sarebbe sempre difficile trovare dei compratori interessati alle quote comuni.

Passiamo all’ipoteca giudiziaria: si tratta in tal caso di un tipo d’ipoteca che viene decretata da un giudice conseguentemente alla richiesta di un creditore non rimborsato anche di un debito di basso importo, come anche una fattura impagata o un decreto ingiuntivo.

L’ipoteca legale, la tipologia meno diffusa per la verità, che si va ad iscrivere quando il venditore non è riuscito a ricevere l’intera somma corrispondente al bene venduto.

L’ipoteca legale può anche verificarsi nel caso in cui i coeredi, successivamente all’atto di divisione, lascino dei pagamenti di conguaglio ancora in sospeso.

In tal caso l’ipoteca legale viene iscritta direttamente dal Conservatore di Registri immobiliari, a meno che il beneficiario della tutela del’ipoteca non dichiari la sua reale volontà di rinunciarvi.


Immobili nel rogito con il doppio valore

14 Maggio 2009

Dal 1° gennaio 2006 l’imposta di registro ha voltato pagina e si apre dunque uno scenario prima sconosciuto, quello del rogito in cui sono dichiarati due importi: il prezzo effettivamente pattuito (che diviene fiscalmente irrilevante sotto il profilo della tassazione indiretta) e il valore catastale del bene (che costituisce ora l’importo su cui applicare l’aliquota d’imposta).

La base imponibile dei trasferimenti di abitazioni tra privati infatti non fa più riferimento al prezzo del bene trasferito (o al suo valore venale, se superiore), ma al suo valore catastale (quello cioè che si ottiene moltiplicando la rendita catastale per determinati coefficienti di aggiornamento).Ad esempio, nella compravendita di un appartamento con rendita catastale di 634,92 euro nella quale si dichiara un prezzo di 300mila euro, a richiesta dell’acquirente la tassazione va operata non più prendendo a riferimento il prezzo (caso nel quale – senza agevolazioni – le imposte di registro, ipotecaria e catastale sarebbero pari a 30mila €) ma il valore catastale (e cioè 634,92 x 126 = 80.000), con il risultato che l’ammontare da pagare in sede di registrazione risulta essere – sempre senza agevolazioni – di 8mila euro (5.600 euro per imposta di registro, 1.600 per l’ipotecaria e 800 per la catastale).

Le esclusioni.

La nuova norma però si applica solo nel caso in cui si tratti di «cessioni fra persone fisiche che non agiscano nell’esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali». Pertanto, ove all’atto intervengano (dal lato della parte venditrice o da quello dell’acquirente) soggetti diversi la nuova norma non si può applicare e la tassazione andrà operata con le regole “tradizionali” (cioè base imponibile uguale al prezzo o, se superiore, al valore del bene). La nuova norma inoltre non riguarda qualsiasi tipologia edilizia, ma concerne esclusivamente gli «immobili ad uso abitativo e relative pertinenze» (ne sono quindi esclusi uffici, negozi, opifici, terreni, eccetera): pertinenze “classiche” delle abitazioni sono il garage, la cantina e il solaio, ma può pensarsi anche a pertinenze meno frequenti, come i locali di deposito (spesso ricorrenti nelle abitazioni ex rurali) o la chiesetta annessa a una villa di campagna.

Le plusvalenze.

La Finanziaria 2006 contiene infine una rilevante novità anche per la tassazione di alcune plusvalenze realizzate da privati nella vendita di beni immobili, alle quali d’ora innanzi potrà essere applicata, al posto dell’imposizione che normalmente si opererebbe (si tratta, a seconda dei casi, di un reddito che va a comporre l’ordinario imponibile Irpef oppure che è soggetto alla cosiddetta tassazione separata), un’imposta sostitutiva del 12,5 per cento. Le plusvalenze interessate dalla nuova imposta sostitutiva sono quelle che si realizzano: se viene venduto un bene acquistato (o costruito) da meno di 5 anni (a meno che non si tratti di un bene proveniente per successione o per donazione oppure di una casa che, per la maggior parte del periodo tra acquisto è vendita è stata adibita ad abitazione del contribuente): in tal caso costituisce reddito per il cedente la differenza tra il prezzo incassato e il costo di acquisto o di costruzione; se viene venduta un’area edificabile: anche qui costituisce reddito per il privato venditore la differenza tra il prezzo di vendita e il costo di acquisto.


TARSU: L’ALTEZZA TASSABILE STABILITA DAI COMUNI

4 Maggio 2009

da: ilsole24ore.it

Per la tassa dei rifiuti, oltre alla superficie dell’abitazione, si deve indicare anche quella dei locali interrati alti 2,14 metri e condonati nel 1997 e quella della cantina?

L’articolo 62 del Dlgs 15 novembre 1993, n. 507, dispone che «non sono soggetti alla tassa i locali… che non possono produrre rifiuti o per la loro natura o per il particolare uso cui sono stabilmente destinati o perché risultino in obiettive condizioni di non utilizzabilità nel corso dell’anno, qualora tali circostanze siano indicate nella denuncia originaria o di variazione e debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione».Locali di altezza inferiore a determinati standard (ora: metri 2,80) non possono, in genere, considerarsi idonei alla vita familiare, e sono pertanto esclusi da imposizione. Ma spesso i regolamenti comunali prevedono espressamente le altezze al di sotto delle quali la superficie non si considera tassabile. Il lettore, pertanto, può rivolgersi al comune e chiedere una copia del regolamento sulla tassa.L’articolo 70 del medesimo decreto, al comma 3, stabilisce che, indipendentemente dalla superficie dichiarata, quella da iscrivere a ruolo non può essere inferiore all’80% della superficie catastale, rilevabile da apposito certificato. Anche sulla base di questa disposizione, il lettore potrà ricavare elementi utili ai fini della superficie da denunciare, fermo restando l’obbligo di indicare nella denuncia i locali che — in ragione della loro modesta altezza — non sono imponibili.


Mancata stipula del definitivo dopo la scadenza del mandato: diritto alla provvigione

15 aprile 2009

Da Il Sole 24Ore 

Corte di Cassazione, Sez. III civ, Sentenza 5 marzo 2009, n. 5348. 

Massima

Perché sorga il diritto del mediatore al compenso, è sufficiente che la conclusione dell’affare possa ricollegarsi all’opera dallo stesso svolta per l’avvicinamento dei contraenti, purché, però, tale attività costituisca il risultato utile della condotta posta in essere dal mediatore stesso e, poi, valorizzata dalle parti. Ne consegue che spetta al mediatore il diritto a percepire la provvigione anche se l’accordo di mediazione esclude espressamente il diritto al compenso nell’ipotesi in cui dopo la scadenza del mandato vi sia la sottoscrizione del solo preliminare di compravendita cui non faccia seguito la stipula del definitivo. Ciò in virtù dei principi generali di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto. In particolare la buona fede si atteggia come un impegno od obbligo di solidarietà, che impone a ciascuna parte di tenere quei comportamenti che, a prescindere da specifici obblighi contrattuali e dal dovere del neminem laedere, senza rappresentare un apprezzabile sacrificio a suo carico, siano idonei a preservare gli interessi dell’altra parte.

Nota

Il dictum giudiziale – Il titolare di un’agenzia immobiliare conveniva in giudizio il proprietario di un immobile che in precedenza gli aveva conferito l’incarico di procacciarne la vendita al fine di sentirlo condannare al pagamento delle provvigioni maturate, dal momento che, terminate le trattative precontrattuali, le parti senza più interpellare l’agenzia avevano sottoscritto un contratto preliminare di compravendita. In primo grado il Pretore accoglieva la domanda condannando il convenuto al pagamento della provvigione, mentre in appello il Collegio giudicante riformava la sentenza gravata dichiarando l’insussistenza del diritto alla provvigione in capo all’Agenzia, stante la presenza nel contratto di mandato di una clausola secondo la quale scaduto il mandato l’insorgenza del diritto alla provvigione era subordinata alla stipulazione del contratto definitivo di compravendita (che nel caso di specie non era stato concluso), non bastando la sottoscrizione del solo preliminare, che invece era stata pattuita come sufficiente durante il periodo di vigenza del mandato. Avverso tale sentenza spiegava ricorso per Cassazione l’agenzia immobiliare. Il Supremo Collegio nella sentenza in rassegna, ritenuta la fondatezza dei motivi di ricorso, lo ha accolto, ritenendo non condivisibile l’interpretazione della su richiamata clausola contrattuale fornita dalla Corte di merito, idonea se accolta a legittimare – secondo i Giudici Ermellini – comportamenti elusivi delle parti tali da privare di efficacia il contratto di incarico. In particolare, i Supremi Giudici, dopo aver aderito ai più recenti orientamenti della giurisprudenza di legittimità in ordine ai presupposti del diritto alla provvigione, di cui all’art. 1755 cod. civ., hanno posto in rilievo – e qui la novità della sentenza in rassegna – l’assoluta preminenza dei principi di buona fede e correttezza scolpiti dal legislatore del codice civile, come fatti propri dalla giurisprudenza di legittimità, nell’interpretazione dei contratti, in funzione di garanzia del giusto equilibrio dei contrapposti interessi. La Corte di legittimità ha quindi cassato la sentenza e rinviato la causa alla stessa Corte d’Appello che aveva giudicato in secondo grado, naturalmente in diversa composizione, con l’ordine di adeguarsi ai principi di diritto riprodotti in epigrafe.

Nota a cura dello Studio Legale Carpineti – Cusmai

Il testo integrale della sentenza è disponibile, per gli abbonati, nella banca dati “Codice degli Immobili”.


Contratto di locazione: tassa di registro.

5 novembre 2008

I proprietari di casa
Condominio e problematiche immobiliari

La tassa di registro sul contratto di locazione.

* Registro contratti locazione: di male in peggio

Le tasse svuotano il portafoglio

Lo Stato ti obbliga a registrare il contratto di affitto sul quale l’inquilino paga i bolli per ogni foglio protocollo e solidalmente con il proprietario al 50%, entro il 30 del mese, la relativa tassa di registro pari al 2% del canone annuo pattuito, ma con il minimo della tassa di registro minima di circa 67 euro, e qui sta l’inghippo.

La tassa del 2% (tassa proporzionale) va poi pagata ogni anno per tutta la durata del contratto, entro il 30 del mese di inizio della nuova annualità, questa volta però si può pagare il 2% effettivo, non più vincolata alla tassa minima. Sul nuovo modello F23 in euro l’importo (tassa proporzionale) lo devi arrotondare all’unità di euro superiori o inferiori a seconda che la cifra dopo la virgola superi o meno 49 centesimi. Invece secondo le istruzioni sui nuovi modelli F23 in euro si arrotonda al centesimo di euro. Per le tasse fisse (non proporzionali) come ad esempio la tassa di risoluzione anticipata invece si arrotonda al centesimo di euro. Che casino!

Al momento della registrazione del contratto si può scegliere di pagare l’imposta anche per tutto il periodo previsto dal contratto di locazione, in questo caso sono previsti degli sconti sulla tassa di registro.


Contratti di locazione,trasmissione telematica dei contratti di locazione.

30 ottobre 2008

La trasmissione telematica dei contratti di locazione, delle denunce cumulative dei contratti di affitto di fondi rustici e dei pagamenti successivi alla registrazione è possibile per tutti i contribuenti. Per richiedere on line la registrazione del contratto, della denuncia o il pagamento delle imposte successive alla registrazione è sufficiente possedere il Pincode (codice personale), indispensabile per utilizzare i servizi Internet messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate, oppure aver ottenuto l’autorizzazione per accedere al servizio Entratel. Chi è già abilitato non ha bisogno di chiedere una nuova abilitazione.
Per i cosiddetti  grandi contribuenti , che possiedono almeno 100 immobili, gli adempimenti relativi alla registrazione dei contratti di locazione e delle denunce cumulative dei contratti di affitto di fondi rustici,  sono da eseguire obbligatoriamente per via telematica.
Per il pagamento on line delle imposte di registro, di bollo e di eventuali interessi e sanzioni è necessario:


LOCAZIONI: NELL’F23 SI INDICA L’ANNO DI REGISTRAZIONE

24 ottobre 2008
   

Nel campo 10 del modello F23 devo indicare l’anno in cui è stato registrato il contratto di locazione o l’anno in cui pago l’imposta di registro? Esempio, contratto registrato nel 2003, nel 2007 devo pagare l’imposta di registro; nel campo 10 devo scrivere 2003 o 2007?


Le istruzioni alla compilazione del modello F23 specificano che, quando si tratta di «contratti di locazione per annualità successive alla prima», nel campo 10 va indicato «l’anno di registrazione», oltre agli «estremi dell’atto (serie e numero di registrazione, separati da un barra)».Quindi, il lettore dovrà riportare l’anno “2003” (quello della registrazione del contratto), e non il “2007” (annualità per la quale corrisponde l’imposta).